giovedì 10 maggio 2018

PIRATERIA DISUMANITARIA delle associazioni a delinquere tra marina militare ed Ong sioniste


ONG sempre più aggressive:

da taxi del mare, a pirateria umanitaria

L’arroganza umanitaria, gli arrembaggi pirateschi contro la Guardia Costiera Libica, le strategiche scomparse dai radar e la presunta impunità per superiorità morale dei “salvatori di vite umane”.
di Francesca Totolo
Tutto è cambiato in seguito all’accordo del luglio scorso siglato da Paolo Gentiloni e dal Presidente al-Serraj, e dopo l’introduzione del Codice di Condotta delle ONG del Ministro Minniti.
Certamente sono cresciute sia l’arroganza delle organizzazioni non governative attive nelle operazioni di ricerca e “salvataggio” davanti alle coste libiche, sia la loro presunta superiorità morale che le rende refrattarie ad ogni tipo di codice e legge invocando. A tutto ciò, si aggiungono le sempre maggiori pressioni istituzionali delle organizzazioni internazionali finanziate dal solito George Soros, come Amnesty International e Human Rights Watch.
L’intesa tra Gentiloni e al-Serraj, sostenuta anche dall’Unione Europea, ha stabilito che la Libia tornasse in possesso della propria zona SAR di competenza, e conseguentemente l’invio dei fondi e dei mezzi necessari per presidiare le coste e per combattere i trafficanti di esseri umani. La formazione degli uomini della Guardia Costiera Libica è stata delegata alla nostra Guardia Costiera in collaborazione con EUNAVFORMED Operazione Sophia, e prevede l’istituzione di un MRCC a Tripoli.
Partiamo da un veloce resoconto sul dopo Codice Minniti per meglio inquadrare la situazione attuale a proposito delle organizzazioni non governative.
Medici Senza Frontiere si è prontamente e tempestivamente ritirata dalla missione nel Mediterraneo fornendo però personale medico-sanitario a bordo della nave Aquarius di SOS Mediterranee. Lo stesso ha fatto la maltese MOAS dei discussi coniugi Catrambone, che hanno deciso di trasferire navi e fondi a favore dei profughi Rohingya del Myanmar.
Save The Children ha concluso le operazioni di ricerca e salvataggio nel mese di ottobre, in seguito alla perquisizione della nave Vos Hestia, dove le autorità hanno rintracciato il “tariffario dei salvataggi” e indagato il comandante Marco Amato. (clicca per ingrandire)
All’inizio del mese di agosto, la tedesca e radicale ONG, Jugend Rettet, è stata accusata del reato di favoreggiamento dell’immigrazione dall’allora Procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio. Le conseguenze sono state il sequestro immediato della nave Iuventa e tre avvisi di garanzia indirizzati a tre responsabili dell’organizzazione. Certamente non dei ferventi sostenitori delle istituzione italiane: basta ricordare la scritta “F**K IMRCC” (Maritime Rescue Coordination Centre di Roma) posizionata sulla prua della nave, e il discutibile saluto del capo missione della ONG, Sascha Gierke, alla Guardia Costiera italiana dopo un’ispezione avvenuta a Lampedusa.
Nella medesima inchiesta figura anche Padre Mosè Mussie Zerai, amico e collaboratore di Vittorio Longhi, ex fidanzato di Laura Boldrini. L’allora Presidente della Camera, nel 2013, ricevette con tutti gli onori del caso Zerai accompagnato da uno stuolo di attivisti pro “regime change” eritreo. La solita occidentale “esportazione di democrazia”.
Il 24 aprile la Corte di Cassazione non ha accolto il ricorso di Jugend Rettet: la nave Iuventa rimane sotto sequestro e le indagini della Procura di Trapani proseguono.
Al momento sono quattro le organizzazioni non governative attive davanti alle coste libiche: SOS Mediterranee, Sea Watch, Sea-Eye e Proactiva Open Arms. L’ultima arrivata, la tedesca Mission Lifeline, rimane ancorata nel porto di Malta per mancanza dei fondi necessari per una nuova missione.
Mission Lifeline è stata fondata da Axel Steier, attivista dell’estrema sinistra radicale tedesca e già indagato dalla Procura di Brema per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; l’organizzazione ha iniziato la sua missione nell’autunno scorso senza aver sottoscritto il Codice Minniti.
SOS Mediterranee è un’organizzazione italo-franco-tedesca presieduta da Francis Vallat, presidente di diverse lobby del settore della marina commerciale europea e di una società assicurativa, con sede legale nel famoso paradiso fiscale delle Bermuda, che opera nel mercato degli armatori internazionali. Non sono note le fonti di finanziamento della ONG che le hanno permesso di operare dal 2016 nelle milionarie missioni davanti alle coste libiche. Il costo stimato per un solo giorno di pattugliamento con la nave Aquarius si aggira sugli 11.000 euro.
Sea Watch è organizzazione non governativa tedesca dalle caratteristiche quantomeno estremiste. Dopo l’uscita di scena di Medici Senza Frontiere, i tedeschi hanno da loro acquistato la nave Dignity 1 perché più grande rispetto a quella precedente e, quindi, ritenuta più adatta al trasporto di un maggior numero di migranti. Nel contempo, hanno comprato anche l’aereo Moonbird (lo stesso in dotazione all’aviazione militare maltese) per le operazioni di monitoraggio dall’alto, grazie anche alla donazione di 100.000 euro della Chiesa Evangelica Tedesca. Ovviamente non sono disponibili né bilanci né liste dei sostenitori, una mancanza totale di trasparenza degli umanitari tedeschi.
Due figure rilevanti dell’organizzazione però caratterizzano la sua condotta in mare decisamente sopra le righe. Il capitano della nave di Sea Watch è Pia Klempt, ex comandante delle motovedette speronatrici di baleniere di Sea Sheperd, e il responsabile media Ruben Neugebauer. Quest’ultimo è stato sia legale rappresentante di Peng Berlin, associazione radicale tedesca finanziatrice di Fluchthelfer che gestisce la rete di “agent escape” in Europa che aiutano gli immigrati irregolari a oltrepassare i confini, sia il produttore del relativo video promozionale. Quasi una filiera dell’immigrazione indotta.
La condotta di Sea Watch davanti alle coste libiche sfocia nella “pirateria umanitaria” ingaggiata ai danni della stessa sicurezza nei salvataggi dei migranti.
Contravvenendo agli ordini della MRCC di Roma di tenersi a debita distanza dalla zona dove la Guardia Costiera Libica stava portando a termine i trasbordi delle persone recuperate dai barconi alla deriva, Sea Watch è ostinatamente intervenuta causando il caos tra i migranti consci che l’organizzazione li avrebbe portati in Italia. Questo è successo in due diverse occasioni; l’ultima il 22 aprile per fortuna senza conseguenze grazie al buon senso dei libici. Non è stato lo stesso però il 6 novembre scorso, quando 5 migranti sono morti affogati cercando di raggiungere il gommone dell’organizzazione tedesca.
Il discutibile atto di “pirateria umanitaria” di Sea Watch ha mobilitato anche l’Ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone che, ai microfoni di RaiNews, ha dichiarato: “La competizione ONG-Guardia Costiera Libica crea situazioni di pericolo.(…) All’arrivo della Guardia Costiera Libica, se è presente la nave di una ONG, molti si gettano in mare. Ma la Guardia Costiera di Tripoli agisce in un quadro di legalità internazionale”. L’appello al rispetto degli ordini impartiti alle ONG è stato ribadito anche dall’Ambasciatore Perrone in un post su Twitter.
Sea-Eye è l’ennesima ONG tedesca operante nelle operazioni di ricerca e salvataggio davanti alle coste della Libia con due pescherecci riadattati, Sea-Eye e Seefuchs. La particolarità di questa organizzazione è quella di aver organizzato delle vere e proprie crociere turistichecon salvataggio migranti incluso” per danarosi borghesi tedeschi.
Proactiva Open Arms, l’organizzazione non governativa spagnola fondata dal bagnino Oscar Camps, è stata indagata dal Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dopo essersi rifiutata di riconsegnare i migranti alla Guardia Costiera Libica e per non aver acconsentito allo sbarco degli stessi a Malta proseguendo cocciutamente per Pozzallo. Per competenza territoriale, l’inchiesta è poi passata alla Procuratore di Ragusa; lo scorso 16 aprile, il Gip Giovanni Giampiccolo, membro attivo di Magistratura Democratica, ha disposto il dissequestro della nave Open Arms, che a breve tornerà attiva davanti alle coste libiche affiancando l’altra imbarcazione di Proactiva Open Arms, la Astral. Quest’ultima è stata donata all’organizzazione di Camps dall’italiano Livio Lo Monaco, proprietario di Grupo Lo Monaco leader dei materassi in Spagna.
Lo scorso fine settimana, le navi delle quattro ONG appena elencate erano tutte schierate, per la prima volta nel 2018, davanti alle coste della Libia. Questo ha segnato un esodo di massa: 1.500 migranti sbarcati nei porti siciliani. È stato fondamentale anche l’aereo Moonbird di Sea Watch che ha segnalato molti dei barconi.
Il nuovo modus operandi delle operazioni di “salvataggio” ha già visto gravi violazioni al Codice di Navigazione e al Codice Minniti: alcune ONG operano con transponder spento (o guasto) come la Astral di Proactiva Open Arms e SOS Mediterranee, che sembrerebbe attivarlo solo come segnale di “richiamo”; altre, come Sea Watch, ingaggiano una lotta piratesca “all’ultimo migrante” con la Guardia Costiera Libica, con le conseguenze già citate; altre, come Sea-Eye e Sea Watch, sembrano richiamare l’attenzione dei trafficanti con un andirivieni simile al “canto delle sirene” in prossimità della zona di Gasr Garabulli, ancora controllata dalle milizie facilitatrici degli scafisti.
La nemica comune è diventata la Guardia Costiera Libica, rea di riportare i migranti in Libia diventata, nella retorica immigrazionista, l’inferno sulla terra. Ora le amate “risorse” delle ONG non scappano più “dalla fame e dalla guerra” dei Paesi di origine ma dalla Libia e dai centri di detenzione definiti campi di concentramento.
Per smentire la nuova narrazione degli umanitari, basta ricordare che nei centri di detenzione governativi operano attivamente dall’estate scorsa due agenzie delle Nazioni Unite: IOM e UNHCR.
La IOM Libya è riuscita anche a rimpatriare più di 15 mila migranti in soli 3 mesi, grazie al programma “Assisted Voluntary Return and Reintegration”, in accordo con l’Unione Africana e le autorità libiche, e con il supporto dell’Unione Europea.
Con buona pace della propaganda immigrazionista in Italia.
deca

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